Ho seguito American Primeval non molto tempo dopo la sua uscita (gennaio 2025), e non credo di cadere nell'esagerazione affermando che la costruzione scenografica di questa serie TV sia una delle più belle che abbia visto tra le produzioni presenti nel catalogo di Netflix.
Di western ne so gran poco, perciò non mi è dato conoscere se questa serie a conti fatti non inventa nulla di nuovo, o se piuttosto reinterpreta del tutto le faide che hanno caratterizzato l'epoca romanzata da questo genere; e, in effetti, non mi interessa neppure saperlo, perché ben altro che la storia in sé ha fagocitato la mia attenzione, entusiasmandomi.
American Primeval vede protagonisti Sara Rowell, una donna sulla quale pende una taglia allettante per i tanti cacciatori di taglie professionisti e improvvisati che infestano ogni cittadina o agglomerato di catapecchie, e Isaac Reed, un uomo burbero e solitario che si trova con riluttanza a fare da guida a Sara e a suo figlio, nel rischioso tragitto che questi devono percorrere per ricongiungersi col marito di lei. Proprio tale arduo viaggio fa da terreno su cui si muove la trama della miniserie, che definirei azzeccatamente elementare nella misura in cui sembra essere puramente funzionale allo scopo della narrazione che ho percepito predominante: raccontare l'efferatezza degli scontri tra le milizie della comunità mormone, l'esercito americano, i pionieri e le tribù native.
In una produzione in cui la scenografia, in tutte le sue espressioni (ambientazione, sfondo paesaggistico, dinamica delle riprese, ecc.) è costantemente l'elemento di maggior pregio, la costruzione scenografica dei conflitti tra le quattro fazioni è semplicemente perfetta, sebbene pretenda dallo spettatore uno stomaco abbastanza forte da tollerare l'inenarrabile ferocia rappresentata. Per me, che non temo e semmai ricerco (il più delle volte con risultati deludenti) serie TV in cui la violenza viene manifestata con la selvaggia crudeltà che la rende reale e non fastidiosamente artefatta, American Primeval rappresenta ora un punto di riferimento.
La trama non aveva da esprimere nulla di più di quanto si poteva fare in sei episodi, e un'estensione della storia, d'altra parte, avrebbe solo diluito il concentrato di cruda barbarie che la miniserie pare voler essere, dipingendo nel modo più estremo possibile il ritratto di un'epoca in cui, in quelle stesse terre in cui oggi vengono definiti i connotati della civiltà contemporanea, l'unica legge ammessa era quella della sopravvivenza del più forte.
Solo trattandosi di una serie di pochi episodi non porto il mio giudizio oltre l'ottimo, perché, per quanto ben fatte e coinvolgenti possano essere, le miniserie sono mancanti di elementi per me determinanti (primo fra tutti, lo spazio per la caratterizzazione dei personaggi e la conseguente possibilità di affezionarsi ad essi) in assenza dei quali finiscono per essere dimenticate dopo un paio di settimane; ma American Primeval, almeno per me, ha tutte le carte in regola per essere ricordata per molto tempo.
Voto: 9/10
N.d.R.: Immagine di copertina generata tramite l'intelligenza artificiale
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