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Undercover - Recensione


Fino a che punto può spingersi un infiltrato in una banda di trafficanti di droga per avere la loro fiducia? E quanto facile può essere ritrovarsi a quel punto così invischiati da non riuscire più a distinguere ciò che si sta eseguendo come infiltrato da ciò che si sta facendo come autentico fuorilegge, finendo per confondere buono e cattivo, giusto e sbagliato, bene e male? Questi ed altri interrogativi possono accompagnare la davvero piacevole visione di Undercover, una produzione belga-olandese che reputo di notevole fattura. 

La storia prende avvio con il tentativo di Bob e Kim, due agenti sotto copertura che si fingono una coppia in campeggio, di infiltrarsi nella cerchia di Ferry Bouman, che da piccolo spacciatore si è affermato come trafficante di droga a livello internazionale: una missione tutt'altro che semplice, perché laddove viene meno l'indole sospettosa e guardinga di Ferry, subentra la scaltra diffidenza di qualcuno dei suoi compari.

Nonostante la centralità del ruolo dei due agenti, nella mia percezione è Ferry il personaggio più pregevole, e direi che a questa considerazione non sono giunto solo io se su di lui, e con l'interpretazione del medesimo eccellente attore, sono stati prodotti una serie TV dedicata (Ferry – La serie) e ben due film (Ferry – Il film e Ferry 2). 

D'altra parte, un deciso contribuito alla capacità attrattiva di questa serie viene dato dalle dinamiche che hanno a che vedere proprio con il processo di infiltrazione di Bob e Kim, e con i correlati aspetti psicologici: dalle tensioni che nella coppia si generano lungo il compimento della missione, alla confusione esistenziale che crea nei due partner proprio il dover vivere come una coppia a tutti gli effetti, dalla battaglia interiore che i due agenti devono combattere per fare ciò che va fatto per ottenere la fiducia di Ferry, alla perdita dell'equilibrio che in loro genera il dover portare fino ai più estremi esiti lo sforzo di salvaguardare la copertura, sono diversi gli elementi che danno spessore alla componente drammatica del prodotto.

Non escludo che il mio giudizio decisamente positivo sia condizionato dalla predilezione per il genere crime, quello, per intenderci, alla Breaking Badche non c'entra una mazza eppure a cui mi rimandano certe caratteristiche di Undercover; ma, tra tante serie TV nord-europee che ho visto senza grandi entusiasmi, questa spicca per originalità della trama, qualità dell'interpretazione e intensità della narrazione, peculiarità che me la fanno giudicare come una delle migliori proposte del catalogo di Netflix tra quelle di cui meno si parla.

Voto: 8,5/10

N.d.R.: Immagine di copertina generata tramite l'intelligenza artificiale


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